Pietro Carveni, Santo Benfatto e Maria Salleo Puntillo –
Agli escursionisti che si inoltrano lungo i versanti di un vulcano può accadere di imbattersi in caratteristici accumuli di scorie e bombe saldate, con forma di cono irregolare, di guglie o di torri; si tratta di morfosculture che si formano in corrispondenza di bocche ubicate lungo fratture eruttive o lungo gallerie di scorrimento lavico, in corrispondenza dei punti in cui è crollata parte della volta (Rittmann, 1967, pag. 98); esse vengono indicate nella letteratura geologica col termine spagnolo di hornito, cioè “piccolo forno”, termine coniato da von Humboldt (1823).
In quelli di recente formazione si osserva in genere un foro sommitale, tramite il quale le scorie incandescenti sono state proiettate in verticale, e, con una parabola molto stretta, sono ricadute nelle immediate vicinanze dell’orifizio, saldandosi, e costruendo la morfoscultura.
Le parti sommitali di questi accumuli sono instabili, e possono crollare durante intensi fenomeni meteorici, a causa di sismi o semplicemente per effetto dell’accelerazione di gravità; molto di frequente, di un hornito si rinviene solo la parte basale.
L’ubicazione delle tracce di un hornito fornisce utili informazioni per individuare fratture eruttive non più osservabili sul terreno, in quanto ricoperte da depositi piroclastici e/o epiclastici.
Viene qui descritto un hornito ubicato sull’edificio vulcanico etneo, allo scopo di fornire, ai geo-turisti interessati, le chiavi di lettura per il riconoscimento di questo tipo di morfoscultura che spesso sfugge all’attenzione dei non addetti ai lavori, e aiutarli nella comprensione dei fenomeni che lo hanno generato e l’evoluzione delle stessa. L’hornito preso in considerazione è ubicato in una zone facilmente raggiungibile senza un particolare impegno fisico; per tale motivo le informazioni date possono essere adeguatamente utilizzate per scopi didattici, oltre che escursionistici.
Alcuni hornito nella letteratura
Sulla base delle ricerche sinora effettuate, la prima segnalazione di una morfoscultura assimilabile ad un hornito si deve a Bory de Saint Vincent (1804), il quale descrive la formazione rocciosa denominata “La Chapelle de Rosemond” (Fig. 1), ubicata ai piedi del versante occidentale del cono eruttivo principale dell’edificio vulcanico Piton de la Fournaise, sull’Ile de la Réunion, e la “Grotte de Rosemond” (una galleria di scorrimento lavico), alla cui sommità si trovava un hornito; purtroppo tutta la zona è stata sconvolta da un’eruzione iniziata il 13 luglio 2018.
Morfologie analoghe sono state osservate sul vulcano Jorullo, nello stato messicano di Michoacàn (Von Humboldt, 1823; Sapper, 1919; Bullard, 1978) e sulla Montaña de Fuego dell’Isola di Lanzarote (Sapper, 1919).
Un’altra testimonianza di morfosculture assimilabili a hornito ci è stata lasciata da Darwin (1845; 1860) che ha notato, sull’Isola di San Cristobal (da lui chiamata Chatham), nell’Arcipelago delle Galapagos, sessanta edifici neri a tronco di cono, formati da scorie saldate e sormontati da crateri più o meno perfetti, con altezza compresa tra i 15 e i 30 metri. Per quanto riguarda il territorio italiano, la prime segnalazioni sono state fatte sul Vesuvio: Scacchi (1850) testimonia la formazione di “molti piccoli coni di breve durata” durante un’eruzione; Stoppani (1871-1873), pur senza farne un preciso riferimento, nella figura 55 del primo volume del Corso di Geologia (pag. 329)rappresenta alcuni hornito formatisi sulle lave del Vesuvio nel corso dell’eruzione del 1855 (Fig. 2). Sull’edificio vulcanico etneo ci sono le testimonianze di Imbò (1928), relativa all’eruzione del 1928, durante la quale si formarono alcuni conetti soffianti (“voccolilli”, cioè piccole bocche) che “… raramente esplodevano dando fumate azzurrognole …”; Ponte (1948), riferisce che un trabocco di lava da una frattura eruttiva provocò la formazione di “conetti mammillari disposti a bottoniera” (eruzione del febbraio-marzo 1917); nel descrivere i modesti conetti formatisi nel corso dell’eruzione del 1780, Di Re (1961) li paragona a “hornitos”.


L’Hornito di Monte Testa
Sul versante occidentale dell’edificio vulcanico etneo, alla base meridionale del cono piroclastico di Monte Testa (Figg. 3 e 4), lungo una strada a fondo naturale, sorge un hornito con circonferenza basale di 47 metri (Figg. 5 e 6), altezza massima di 4,50 metri, con una depressione sommitale di 2 metri di diametro (Carveni, 2016; 2017).

Esso si è formato, presumibilmente, nel corso dell’eruzione del 1595, la quale ha dato luogo agli edifici piroclastici di Monte Gallo, Monte Testa e Monte Forno (Sartorius von Waltershausen, 1880).
Le bombe vulcaniche saldate che formano il piccolo edificio hanno dimensioni variabili, con lunghezza massima di 70 centimetri; ognuna, cadendo ancora incandescente e quindi plastica sulle sottostanti, ha adattato la propria forma (Fig. 7).
Il diametro di base di circa 15 metri fa ipotizzare per questo hornito dimensioni notevoli.
La zona in cui si trova il geo-morfosito è caratterizzata, durante l’inverno, da abbondanti precipitazioni nevose, cui si alternano periodi di insolazione, con conseguenti fenomeni di crioclastismo, mentre nel periodo estivo si verificano ampie escursioni termiche tra il giorno e la notte; tutto ciò porta a fenomeni di esfoliazione della superficie rocciosa, che mettono in evidenza la struttura interna della roccia, formata da una massa cripto-cristallina, nella quale si distinguono rari fenocristalli. Se ne desume che la massa rocciosa aveva subito un iniziale raffreddamento in fase magmatica, con la conseguente formazione dei fenocristalli; quindi, una volta eruttata sotto forma di bombe, è avvenuto il raffreddamento veloce con la formazione di microcristalli.




Paragonando le dimensioni basali di questo hornito con altri formatisi nel corso dell’eruzione del 1983 (Fig. 8), si può stimare uno sviluppo verticale tra 10 e 15 metri.

Riferimenti bibliografici
Bory de Saint Vincens J.B.G.M. (1804) – Voyage dans les quatre principales îles des mers d’Afrique. Vol. 3, 473 pp.
Bullard F.M. (1978) – I vulcani della Terra. Newton Compton, 638 pp.
Carveni P. (2016) – L’edificio vulcanico etneo: un laboratorio geomorfologico alla portata di tutti, in:Bruno G. & Carveni P. (Eds): Atti del Convegno Nazionale Geositi, Geomorfositi e Geoarcheositi patrimonio geologico-ambientale del Mediterraneo, Portopalo di Capo Passero (SR), 4-5 settembre 2015, 9-13.
Carveni P. (2017) – L’Etna e i suoi dintorni: un laboratorio geomorfologico in continuo divenire, in: Aldighieri B., Caffo S., Paganoni A. & Testa B. (Eds): Atti del Convegno Nazionale di Turismo geologico, Nicolosi (CT), 23-24 settembre 2016, 27-32.
Darwin C. (1845) – Viaggio di un naturalista intorno al mondo. Giunti Martello, 602 pp.
Darwin C. (1860) – Journal of researches into the natural history and geology of the countries visited during the voyage of H.M.S. Beagle. R.N., 519 pp.
Di Re M. (1961) – L’eruzione dell’Etna del 1780 e i suoi prodotti. Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania, S. IV, Vol. VI, Fasc. 5°, 283-304.
Imbò G. (1928) – Osservazioni e ricerche in relazione all’eruzione etnea 2 – 20 Novembre 1928. Bulletin Volcanologique, Nos 15–18, 59 pp.
Ponte A. (1948) – L’eruzione etnea del febbraio-marzo 1947. Annali di Geofisica, I, 1, 56-68.
Rittmann A. (1967) – I vulcani e la loro attività. Cappelli Editore, 360 pp.
Sapper K. (1919) – Uber Hornitos und verwandte Gebilde. Zeitschrift für Vulkanologie, 5, 39 pp.
Sartorius von Waltershausen W. (1880) – Der Aetna. 2 voll. 371 + 548 pp, Leipzig.
Scacchi A. (1850) – Relazione dell’incendio accaduto al Vesuvio nel mese di febbraio 1850. Rendiconti dell’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, IX, 5-38.
Stoppani A. (1871-1873) – Corso di Geologia, 3 voll., Milano, G. Bernardoni e G. Bricola.
Von Humboldt A. (1823) – Essai géognostique sur le gisement des roches dans les deux hémisphères. F.G. Levrault, 370 pp.